Le Heroides di Ovidio: lettere di eroine per capire l’amore
di Alessia Pizzi
Le Heroides di Ovidio sono lettere d’amore in cui l’autore dà voce alle eroine dell’antichità. Una lettura molto attuale sull’amore.
C’è stato un tempo in cui le donne lamentavano pubblicamente i lutti, battendosi il petto in segno di sofferenza. Lo ricorda Omero e tutti i tragici dell’Atene Classica quando raccontano la morte degli eroi.
L’età successiva, definita Ellenistica, vede nascere un lamento privato e soggettivo, squisitamente femminile, grazie alle poetesse Erinna e Anite (IV -II secolo a.C.). La dimensione privata è dovuta alla nuova fruizione della poesia che, dalla performance pubblica degli aedi e del teatro, passa a quella più intima del libro.
La poesia di Erinna e Anite ispirò sia i poeti greci coevi (come Callimaco) sia quelli successivi, arrivando fino a Roma. Così, il lamento privato femminile, sviluppato dalle due come genere letterario autonomo, divenne famoso solo quando se ne appropriarono gli uomini, abbandonando le pioniere nel dimenticatoio della Storia.
Il nuovo genere entra perfettamente nelle corde di Ovidio (I secolo a.C.), che dà voce a 18 eroine con delle lettere destinate ai loro amanti. Nella raccolta sono presenti anche 3 risposte maschili, per un totale di 21 lettere.
A mio avviso le tre lettere in cui Ovidio fa parlare gli uomini sono quelle più noiose. Ciò è sintomatico di quanto l’autore abbia una fantastica predisposizione a interpretare l’animo femminile.
Chi sono queste 18 donne? Sono i profili femminili del mito classico. Tutte tranne una, la poetessa Saffo, realmente esistita.
L’amore della poetessa per Faone è frutto di una leggenda. Le notizie biografiche su Saffo sono poche e nel corso dei secoli sono state spesso romanzate perché faceva molto scalpore che una donna fosse diventata così famosa, per giunta per poesie erotiche e forse anche omosessuali.
Alcune delle eroine sono molto note. Troverete Penelope che scrive ad Ulisse, Medea a Giasone, Arianna a Teseo, Didone a Enea ed Elena a Paride. Molte altre sono secondarie. Anche se le lettere sono svincolate tra loro, le donne si richiamano a vicenda come esempi di amori tormentati. Questo dettaglio ha condotto la critica a identificare la serie epistolare come una lunga elegia femminile, dove per elegia si intende il componimento sull’amore soggettivo, tipico dell’età augustea, di cui Ovidio era gran maestro.
L’amore diventa così protagonista di un’opera tutta al femminile. A volte colma di disperazione, rabbia e tristezza, altre volte ricca di desiderio, passione e dolcezza.
Perché leggere questo libro? Perché conoscere le storie di questi amori significa comprendere meglio le dinamiche delle relazioni umane. Le loro passioni non sono poi così diverse da quelle che viviamo quotidianamente. Molte delle protagoniste fanno una fine tragica, quindi non si tratta di prendere esempio ovviamente, ma di esorcizzare alcuni sentimenti, anche per sentirci meno soli.
Enea resta sempre impresso nei miei occhi insonni, Enea ho nella mente, notte e giorno. Ma lui è ingrato e sordo alle mie offerte generose e, se non fossi insensata, vorrei fare a meno di lui. Tuttavia non odio Enea, benché mediti il mio male, ma lamento la sua slealtà e, pur lamentandomi, lo amo di più. (Didone a Enea: Heroides VII)
Leggendo queste lettere, infine, si possono apprendere le storie del mito classico, sempre attuali e spesso davvero curiose (scegliete sempre edizioni con le note, io ho scelto quella della BUR!).
È un bagaglio culturale di cui non dovreste privarvi. Il mito è sfizioso e intrigante. Si addice a tutti proprio per la sua dimensione aneddotica. Tanto meglio se a raccontarlo è un grande come Ovidio, dotato di una penna empatica, scorrevole e ironica!
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