Le cinque donne – Quando a fare la Storia sono i carnefici.

Le cinque donne è un saggio di Hallie Rubenhold pubblicato da Neri Pozza, incentrato sulla vita delle cinque vittime canoniche di Jack lo Squartatore.

Vi ricordate i nomi delle cinque vittime di Jack lo Squartatore? Vi ricordate che mestiere facevano, se avevano famiglia, quali sono state le vicissitudini che le hanno condotte alla morte?

No, forse no.

Però sapete chi era Jack, o meglio avete un’idea abbastanza precisa sui fatti, ossia che in epoca tardo vittoriana, fra le buie vie della Londra più malfamata, per un periodo si è aggirato uno dei serial Killer più efferati della storia, preciso come un chirurgo nel massacrare povere donne.

Avviciniamoci ancora e aggiungiamo che di certo l’informazione su queste donne uccise che avete ricevuto è che “erano tutte prostitute”.

le cinque donne

Jack lo Squartatore, l’assassino che nei bassifondi ammazza prostitute.

Bene, questo libro viene a far luce su una parte importante dei misteri che avvolgono questa serie di omicidi, ma per una volta il faro non viene puntato sul carnefice, ma sulle vittime, per scoprire una realtà che lascia esterrefatti: le vittime non erano affatto prostitute. Non tutte, non sempre.

L’inganno storico, attorno a questa vicenda è così vergognoso che non si può non riflettere insieme sul perché e sul come sia stato perpetrato.

Torniamo con Hallie Rubenhold indietro nel tempo e con lei facciamo un po’ di giustizia.

Chi erano le vittime di Jack lo Squartatore, le cinque donne più vituperate di sempre.

Passare alla storia per essere state uccise è già molto triste. Passare alla Storia con la fama di essere prostituta è anche peggio.

Ma perché fino a oggi si è attuata una simile generalizzazione?

Tutto parte, secondo l’autrice, dalla primissima pista battuta dagli inquirenti, dall’assenza di metodi di indagine adeguati e dalla mentalità vittoriana.

Ma andiamo con ordine…

lettera di jack lo squartatore

La Storia che sappiamo

Jack lo Squartatore è uno dei serial killer più famosi della storia. Uno dei primi a essere definito tale e anche uno dei casi irrisolti più appassionati di sempre.

Le vittime a lui attribuite con certezza, per modus operandi, sono cinque, tutte donne uccise fra l’estate e l’autunno del 1888 nel quartiere londinese di Whitechapel e nei distretti adiacenti.

Altri quindici sono i delitti che potrebbero essere riconducibili alla stessa mano, ma mai ufficialmente collegati a questa prima serie.

Queste le vittime:

Mary Ann Nichols, 43 anni.

Annie Chapman, 47 anni circa.

Elizabeth Stride, 44 anni.

Catherine Eddowes, 46 anni.

Mary Jane Kelly, 25 anni circa.

Già qui notiamo come fino a Mary Jane, l’unica fra l’altro uccisa tra le mura domestiche, anche l’età delle vittime fosse piuttosto costante: non giovanissime, tutte uccise nella notte senza un lamento.

Dopo la morte di Mary Jane Kelly, la sequela di delitti si è arrestata, ma non le indagini, che ancora oggi vengono portate avanti a vario titolo, nel tentativo di dare un nome e un volto all’assassino, a cui, nei vari decenni, sono state attribuite molte identità ma mai con certezza.

I volti che abbiamo, invece, sono quelli delle vittime, devastati e resi irriconoscibili dalla drammatica morte. Di una di loro abbiamo molto di più: foto di famiglia.

Mi direte: una prostituta con famiglia, con persino la disponibilità economica tale da potersi fare foto?

E torniamo all’inizio della nostra storia, quella di cinque donne che hanno avuto la sventura di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

Un primo dato che Rubenhold fa notare al lettore è che nessuno ha sentito gridare le vittime. Su questo particolare la polizia dell’epoca non ha indugiato più di tanto, cercando di ricondurre tutti gli indizia alla linea d’azione che si voleva avesse seguito l’assassino, ossia quella dell’incontro a scopo sessuale con le vittime prima di avventarsi su di loro.

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Eppure, nessuna delle donne aveva subito violenza. E nemmeno tentato di difendersi.

L’ipotesi più ovvia, secondo Rubenhold, è che non fossero fuori di casa per adescare clienti, ma che fossero addormentate: non prostitute al lavoro, ma senzatetto, rimaste a dormire all’addiaccio.

cinque donne

Mary Nichols

Ed eccoci qui, a parlare di donne cadute.

Le cinque donne cadute ma non colpevoli.

La verità che ci hanno raccontato finora ha un gusto ancora tutto vittoriano.

La storia che ci è stata propinata per più di cento anni è che queste cinque donne, tutto sommato, sono state uccise per colpa loro.

Se non fossero state in giro a cercare clienti, se avessero avuto una condotta ineccepibile e fossero state, a quell’ora tarda della notte, nel letto coniugale o accanto al lettuccio di qualche pargoletto da ninnare, tutto questo non sarebbe successo.

Le brave donne borghesi potevano stare al sicuro. Le signore come si deve non rischiavano proprio nulla.

Il rischio c’era per chi, in fondo, un po’ se lo meritava, perché perdere la rispettabilità, cadere, appunto, negli strati sociali più bassi, agli occhi della società vittoriana era per una donna gravissimo, e sempre una questione di responsabilità personale.

Ma quanto ancora oggi combattiamo con questo pregiudizio?

Quante volte, sentendo parlare di stupri avvenuti a tarda notte, abbiamo sentito domandare “ma lei che cosa faceva a quell’ora in giro”? Oppure, l’abbigliamento di una ragazza è stato considerato un’attenuante alla violenza?

Elizabeth Stride

Donne che se la cercano.

Eccoci qui, nelle strade più buie e luride di Londra, nel cuore della notte. Non a esercitare il mercimonio, quanto piuttosto alla ricerca di un angolo tranquillo dove dormire qualche ora prima di ricominciare un’esistenza difficile, in cui sofferenza e alcolismo spingono le persone sempre più in basso.

Mary Anne Nichols era stata una donna come tante, l’angelo del focolare di una famiglia come tante. Poi qualcosa si era spezzato. Il tradimento senza pudore del marito, l’alcol che aveva sedato per un po’ il dolore per il senso di fallimento. Mary Anne se ne era andata, lasciando posto alla rivale. La fine, per una come lei, era una vita fra workhouse, lavoretti precari, letti luridi in pensioni sempre diverse, da lasciare al mattino. Era finita sul marciapiede a dormire, una delle notti in cui non aveva denaro nemmeno per quello.

Catherine Eddowes

Chi erano le cinque donne

Annie Chapman aveva, a sua volta, marito e figli, una vita in apparenza serena, ma la morte di una dei figli, oltre alle difficoltà di un altro dei piccoli, portarono Anne all’alcolismo. Per non macchiare la reputazione della famiglia, anche lei scelse di andarsene. Anche lei non era una prostituta, ma una vittima dell’alcol. Abbandonata a se stessa e giudicata dalle istituzioni.

Elizabeth Stride era una donna avventurosa, giunta dalla Svezia per lavorare. Anche lei, a causa di vicende sentimentali travagliate, si era trovata sempre più in basso, fino a toccare il fondo. Lei, sì, occasionalmente si prostituiva. Ma non quella notte.

Catherine Eddowes era nata in povertà e vissuta all’ombra delle fabbriche, desiderando una vita diversa. Di avventure, soprattutto a seguito del primo marito, ne aveva vissute, vivendo da ambulante vendendo canzoni. Ma la sua indole era troppo selvaggia per adattarsi alle esigenze sociali e il denaro mai sufficiente. In comune con Elizabeth aveva una cosa: il destino l’aspettava la notte del 30 settembre 1888, nelle vie di Londra. Aveva l’aspetto di un uomo come tanti altri. Forse non si aspettava che sarebbe stato quello che le avrebbe rubato la vita.

Mary Jane Kelly

Mary Jane Kelly era una donna misteriosa, aveva un passato da gran signora alle spalle, era bellissima e ricca di doti. Era finita a lavorare come prostituta, sì, ma gli alti e bassi della vita le stavano forse portando una nuova possibilità, con un nuovo amore più stabile. Ma quella notte lei era da sola nella casetta misera che condivideva col compagno. Una finestra rotta ha fornito l’accesso all’assassino, che ha lasciato dietro di sé la povera giovane mutilata in modo scioccante.

Cinque donne come tante che si aggiravano a Londra, nelle grandi città di tutto il mondo, come ce ne sono oggi. Donne che da vittime di un assassino per più di un secolo sono state dipinte come vittime di se stesse e delle proprie intemperanze.

Ci siamo abituati a pensare, quasi, che a ucciderle sia state la prostituzione, una serie di scelte sbagliate che le ha “gettate nelle braccia” dell’assassino.

La verità è un’altra, è che essere donna espone sempre a rischi in più, fisici, emotivi, sentimentali. Queste cinque donne hanno vissuto l’inferno sulla terra e l’hanno lasciata nel modo più infernale.

Distinguere le vittime dai carnefici è sempre importante.

le cinque donne

Annie Chapman – foto del matrimonio

Le cinque donne

di Hallie Rubenhold – edizioni Neri Pozza

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Londra, 1887: l’anno, recitano i libri di storia inglese, del Giubileo d’Oro, dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’ascesa al trono della regina Vittoria. L’anno, però, anche di una storia di cui pochissimi sono a conoscenza, e che i più preferiscono dimenticare: la storia di una senzatetto, Mary Ann Nichols, detta Polly, che bivaccava come tanti a Trafalgar Square.

A differenza della monarca, la sua identità sarebbe presto caduta nell’oblio, anche se il mondo avrebbe ricordato con grande curiosità il nome del suo assassino: Jack lo Squartatore. Polly fu la prima delle cinque vittime «canoniche» di Jack lo Squartatore, o di quelle la cui morte avvenne nel quartiere di Whitechapel nell’East End. A

l suo omicidio seguì il ritrovamento dei cadaveri di Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly. La brutalità degli omicidi di Whitechapel sconvolse Londra, soprattutto perché l’assassino riuscì a darsi alla macchia senza lasciare indizi circa la sua identità. Mentre il cosiddetto «autunno del terrore» volgeva al termine, Whitechapel si riempì di sedicenti giornalisti intenti a cavalcare l’onda. I giornali andarono a ruba e, in mancanza di informazioni certe da parte delle autorità, le pagine furono sommerse di infiorettature, invenzioni e voci infondate, come quella secondo cui i pensionati di Whitechapel fossero «bordelli di fatto, se non di nome», e quasi tutte le donne che vi risiedevano, con pochissime eccezioni, fossero delle prostitute.

Per centotrenta anni le vittime di Jack lo Squartatore e le loro vite sono dunque rimaste invischiate in una rete di supposizioni, pettegolezzi e ipotesi inconsistenti, cosicché oggi, le storie di Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane portano ancora impressi il marchio e la forma che i valori vittoriani hanno dato loro: maschili, autoritari e borghesi.

Valori elaborati in un’epoca in cui le donne non avevano né voce, né diritti. Ma chi erano queste donne, e come hanno vissuto prima che la loro esistenza venisse barbaramente spezzata dalla mano di un feroce assassino?

Attraverso un imponente lavoro di documentazione e una scrittura che lo rende appassionante come un romanzo, “Le cinque donne” riesce pienamente nel suo obiettivo di dare un volto alle donne che per troppi anni sono rimaste oscurate da un mito, restituendo loro ciò che tanto brutalmente hanno perduto insieme alla vita: la dignità.