La Gisella, nome di battaglia Edvige.
Storia di una partigiana
di Tatiana Mazzotta Malme
La vita negli anni Quaranta in Val d’Ossola, così come nelle altre repubbliche partigiane, non era facile: era una lotta tutti i giorni.
Una lotta faticosa e aspra, fatta di biciclette che silenziosamente e instancabilmente andavano da confine a confine con messaggi nascosti nella canna, nelle pieghe cucite delle gonne, nelle suole delle scarpe.
Faceva freddo in Val d’Ossola durante l’inverno.
I ragazzi, che lasciavano l’amore e la famiglia, mangiavano pane e castagne, si scaldavano bruciando i mobili che trovavano nelle baite della loro cara amata montagna, che li nascondeva alla ferocia dei fascisti.
Non c’era molto altro, era una lotta che faceva sì che ragazzi giovanissimi diventassero uomini e donne molto velocemente.
Ogni controllo personale da parte dei Tedeschi poteva portare a fucilazioni istantanee sul posto.
Molti non sono sopravvissuti, molti hanno dedicato la loro giovinezza alle generazioni che sono venute dopo di loro.
Era il 1937 e La Gisella, nome di battaglia Edvige, si trovava in una situazione difficile da gestire: si era innamorata di un uomo e stava vivendo un̕ avventura extraconiugale: questo fece sì che non fu lei ma in effetti il marito a prendersi cura della loro bambina.
Lei soffriva molto per questa situazione ma non aveva altra scelta, se voleva far parte della resistenza questo era il prezzo da pagare ed era stato difficile convincere la famiglia ad aiutarla.
Solo il padre, antifascista, la capiva fino in fondo e la sosteneva, per gli altri La Gisella era impazzita, rischiava di lasciarci la pelle tutti i giorni, lasciando a casa quella povera anima della piccola Valeria.
Lo stesso prezzo diventò ancora più alto quando, per evitare di essere catturata, dovette andare in esilio in Svizzera.
Proprio in quel periodo si decise a sposare in seconde nozze
colui che la portò a diventare un elemento prezioso per la resistenza antifascista, che la valorizzò e le fece capire che doveva continuare a combattere per quella causa che cambiò le vite della generazione dopo la sua.
Sua figlia Valeria, nel frattempo, rimasta orfana del padre, morto di una grave malattia endemica, era stata affidata a parenti in Lombardia; si rincontrarono solo dopo parecchi mesi alla fine del conflitto.
La Gisella cominciò a fare politica attivamente con un particolare riguardo alla condizione delle donne:
il suo scopo era far riconoscere la loro importanza in una società che le metteva purtroppo troppo da parte, anche quando erano a tutti gli effetti capofamiglia per via della guerra che portava al fronte i mariti.
Un paio di anni dopo ritornò in Italia con alle spalle una separazione dal marito che si era allontanato da lei per un’altra donna.
La vita di questa eroina moderna è stata rocambolesca: è stata arrestata in seguito ad una rischiosa missione che la vedeva protagonista come staffetta tra due formazioni partigiane.
Liberata dai compagni, tornò in Italia, direttamente ad una posizione di potere nella Repubblica dell’Ossola.
Il suddetto governo era stato il primo organo ad avere una donna in un ruolo così importante e decisivo: sembrava quasi impossibile in un momento storico in cui le donne non avevano ancora diritto di voto e sicuramente pochi diritti sociali.
Con la fine della guerra la sua figura diventò ancora più importante essendo stata candidata e vincendo le elezioni che la portarono a diventare parlamentare.
Grazie a lei sono state promosse leggi fondamentali per la maternità e la parità dei diritti per quanto riguarda gli stipendi delle donne.
La Gisella era una donna che ha contribuito a cambiare la storia del nostro paese, grazie a lei oggi una donna può lasciare il suo bambino al nido quando lavora, grazie a lei le donne possono pretendere dal datore di lavoro di guadagnare quanto gli uomini.
Dobbiamo molta riconoscenza alle staffette partigiane, con il loro coraggio hanno fatto sì che le donne fossero considerate allo stesso livello degli uomini e fossero fondamentali per azioni che hanno salvato tante vite umane.
Esse hanno dato spunto a tante altre per uscire dalle loro case ed entrare con forza nella società.
Solo pochissimo tempo prima sarebbe stato impensabile: è una cosa che non dobbiamo dimenticare mai.
Chissà come sarebbe diventato il nostro paese se non ci fossero stati loro, centinaia di uomini e donne coraggiosi che non hanno esitato ad immolarsi per la causa.
Grazie Gisella, nome di battaglia Edvige.
Grazie per la tua immensa forza.