5 Storie di femminicidio. Donne che non avrebbero dovuto fare la Storia
Di Altea Alaryssa Gardini e Antonia Romagnoli
25 novembre – la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Vi raccontiamo 5 storie di femminicidio, 5 donne che in epoche diverse sono passate alla Storia per aver subito una tragica fine, collegabile al fatto soltanto di essere state donne. Viviamo in un mondo intriso di odio verso il femminino e spesso non ce rendiamo neppure conto, siamo incapaci persino di vederne i segni, fino a che non accade qualcosa di drammatico, che ci riporta a vedere di nuovo con gli occhi ben aperti. Ogni anno, eccoci a commemorare vittime e a raccontare drammi. E ogni anno, intanto altri se ne aggiungono implacabili.
1 – Regilla – uccisa a calci, incinta. Epoca imperiale romana.
Tutti sanno, per sentito dire o per essersene interessati, che la donna nell’antica Roma non aveva voce in capitolo in merito al suo matrimonio. Soprattutto se era il primo e soprattutto se si era figlia di un appartenente alla classe senatoria Romana.
C’è stata una ragazza, nata nel 125 d. C., colta ed istruita, con un nome che incarnava la lunga discendenza della sua famiglia, a cui fu chiesto di sposare uno degli uomini più in vista del suo tempo. Lui era Erode Attico, sofista ed mecenate, greco e amico intimo della famiglia imperiale.
Lei, la giovane di cui parlo, era Appia Annia Regilla Atilia Caucidia Tertulla. Passata alla storia come Regilla.
Con il senno di poi, forse, avrebbe preferito non passare alla storia affatto.
La giovane si trasferì in Grecia con il marito e lì visse negli ambienti più ferventi della cultura e della politica romana. Monumenti recano il suo nome nelle iscrizioni dedicatorie, molti di questi furono finanziati da suo marito.
Fino a qui la sua storia è quasi una favola: Regilla ha sposato l’uomo più ricco di Roma, gli ha dato dei figli e la sua vita scorre in compagnia delle persone più ricce e colte del suo tempo. Conosce l’imperatore e, forse, erroneamente, pensa di poter ricorrere a lui se ne avesse bisogno. Anche se, sa già che suo marito ha più potere presso di lui.
Erode Attico ha un carattere irascibile, lo sapevano in molti.
Erode Attico, un giorno, vide sua moglie. Non importano le circostanze ma non immaginate che sia stata colta in atteggiamenti promiscui.
Regilla stava aspettando il suo ultimo figlio e venne uccisa a calci nel ventre: madre e feto morirono quel giorno.
Nessuno pensò ad una morte naturale. Uno schiavo, su ordine del suo padrone, la uccise.
Al Processo intentato da Bradua, il fratello di Regilla, contro Erode la situazione arrivò a sfiorare la tragicommedia: Erode supplicava e si esibiva in manifestazioni di dolore così assurde che a nessuno sarebbe venuto in mente che non fosse colpevole. Fu salvato dall’imperatore, Suo amico, che mise a tacere l’accaduto dando la colpa al solo servitore.
Regilla, circa 35 anni, uccisa a calci per un motivo imprecisato (gelosia?). Femminicidio.
2 – Francesca da Rimini – storie di femminicidio fra le mura dei castelli
Francesca da Rimini è una delle vittime di femminicidio più celebri della Storia. A perpetrare nei secoli il ricordo del delitto è il Poeta più importante di sempre, Dante Alighieri, che pone lei e il suo amato Paolo nel girone dei lussuriosi, ma concede ai due un trattamento speciale: sono infatti, gli unici a cui è dato restare insieme dopo la morte.
Francesca è un personaggio emblematico, una delle tante, troppe fanciulle date in sposa a uomini violenti e gelosi; è una delle tante donne che vivevano fra le mura dei castelli mentre i mariti guerreggiavano o difendevano i territori, costrette a ruoli marginali e sempre a rischio di subire, per un motivo o per l’altro, violenza, in una società che si impone anche attraverso l’uso delle donne come mezzo di scambio, come segno per dimostrare il proprio potere.
La Storia, ma soprattutto le leggende, sono piene di vicende simili, dall’epilogo tragico: in particolare, le storie di spettri legate a tanti manieri ci raccontano cronache di ordinaria violenza e abuso. Talvolta, come nel caso di Francesca, ci lasciano cruente tracce di mogli fedifraghe o presunte tali, che incorrevano nelle ire dei mariti, ricchi di fantasia nel punirle dei loro peccati.
Francesca nasce in una famiglia importante, i Da Polenta, intorno al 1260. Il padre è il signore di Ravenna e Francesca è destinata a un ottimo matrimonio: la scelta cade su Gianciotto Malatesta, figlio del signore di Rimini. Il fidanzamento viene sancito quando Francesca è ancora bambina e poco più che bambina va in sposa, probabilmente intorno ai quattordici anni. Il consenso di lei arriva tramite un inganno: le viene mostrato Paolo, fratello minore del futuro sposo, assai più piacente. E Francesca si trova sposata con un altro per procura.
Della loro vita insieme si sa poco, ma non è certo brillante di felicità: Gianciotto è molto più anziano di lei, zoppica a causa di una malformazione ed è un feroce condottiero. Lei è una dama di corte, una fanciulla delicata e di spirito. Dall’unione, comunque, nasce una figlia, Concordia.
Il resto della storia ce la racconta Dante. Le lunghe assenze di Gianciotto, il legame con Paolo che si fa sempre più stretto e sempre meno discreto. Fino a che le voci sul tradimento non raggiungono Gianciotto, che viene avvertito da un cugino e che prende molto male non solo il tradimento, ma anche il pubblico peccato perpetrato da sua moglie e da suo fratello. L’ira lo acceca e lo riporta a casa, dove avviene la scoperta dei due amanti e l’omicidio.
Francesca da Rimini, 23 anni. Uccisa a fil di spada per gelosia. Femminicidio.
3 – Isabella di Morra – essere donna di cultura nel Rinascimento
Isabella di Morra, nota anche come Isabella Morra, nasce a Favale, in provincia di Matera, intorno al 1520. La sua è una famiglia potente e aristocratica, il padre Giovanni Michele, uomo colto e amante della letteratura, educa sia lei che gli altri figli, in particolare Scipione, quasi coetaneo di Isabella, e li sprona a coltivare gli studi. Purtroppo, per varie vicende politiche, Giovanni Michele è costretto a lasciare il castello e a rifugiarsi dapprima a Roma e poi in Francia, portando con sé proprio Scipione, l’unico dei fratelli ad avere un rapporto affettivo con Isabella. Il resto della famiglia rimane nel castello, nell’incertezza verso il futuro e rischiando di perdere tutto. Alla fine, dopo varie trattative, il feudo di Favale viene assegnato al maggiore dei figli, Marcantonio.
Per Isabella, dopo un’infanzia serena, inizia un periodo difficile: segregata fra le mura di casa, prigioniera dei propri fratelli, si dedica all’unica consolazione che le resta, lo studio e la scrittura.
Negli anni di isolamento, Isabella diventa poetessa e letterata, ma i fratelli non riescono a impedirle di stringere amicizia con un poeta spagnolo, Diego Sandoval de Castro, divenuto barone di Bollita e castellano di Cosenza, con cui la giovane intesse una fitta corrispondenza letteraria.
Ad aiutarli è proprio la moglie di lui, che firma il carteggio indirizzato a Isabella. Le lettere che i due si scambiano riguardano la poesia, la letteratura, ma quando i fratelli di Isabella ne scoprono l’esistenza, per la giovane poetessa arriva la fine.
Il primo a essere ucciso è istitutore di Isabella, complice che le aveva fatto arrivare le lettere. Poi è il turno della giovane donna, trucidata a pugnalate fra le stesse mura che la tenevano prigioniera da anni. Poi, non soddisfatti, i fratelli vendicatori arrivano a uccidere anche Diego Sandoval.
Isabella di Morra, 25 anni. Pugnalata per un carteggio. Femminicidio.
4 – Maria Goretti – la santa vittima di femminicidio
Maria Goretti era una ragazzina come tante. Nata e cresciuta in una famiglia povera ma dignitosa e lavoratrice, fu una delle vittime più celebri di femminicidio, perché la sua storia, breve e drammatica, la condusse agli onori degli altari. Fu infatti canonizzata nel 1950 da papa Pio XII.
Maria nasce in un villaggio rurale delle Marche nel 1890. È la terza di sette figli di una coppia di coltivatori.
Come molti altri in quegli anni, i suoi genitori si trovano ben presto costretti lasciare la loro casa e cercare miglior fortuna in campagne meno impoverite; approdano infine a Nettuno, vicino a Latina, dove insieme alla famiglia Serenelli prendono in affitto una fattoria.
Maria, pur nella povertà e nel duro lavoro, vive una vita serena, umile e illuminata dalla fede. La giovane, nota per la sua mitezza, il buon carattere e la gentilezza, viene coinvolta nei lavori quotidiani della famiglia, soprattutto dopo la morte del padre nel 1900.
Solo due anno dopo questa prima disgrazia, accade qualcosa di ancor più tragico: Maria, appena undicenne, viene uccisa da Alessandro Serenelli, secondogenito dei vicini. Da tempo il ragazzo, quasi ventenne, ha messo gli occhi su di lei e ha cominciato a farle delle avances, sempre rifiutato. Maria da tempo lo temeva e cercava di stargli alla larga, ma il giovane è sempre più insistente. Il dramma si compie proprio nella casa di lei, dove l’assassino la raggiunge con una scusa, tenta di violentarla e, non riuscendoci, la pugnala per ben undici volte.
Maria verrà soccorsa, ma dopo una breve agonia – durante la quale perdona il suo assalitore – muore.
Maria Goretti, 11 anni. Pugnalata durante un tentativo di stupro. Femminicidio.
5 – Malalai Kakar – una donna che ha osato cambiare le cose
Malalai Kakar forse non l’avete mai sentita nominare. Non è strano. Se vi dovessi chiedere i nomi di dieci donne vittime di femminicidio, forse fareste fatica a elencarli: di solito le vittime di dimenticano prima dei loro assassini, è una triste realtà.
Malalai, nata a Pashto nel 1967, dopo la cacciata dei talebani dall’Afghanistan del 2001 è una delle prime donne a entrare nell’Accademia di Polizia, raggiungendo il grado di tenente colonnello.
Malalai Kakar entra in polizia nel 1982, seguendo le orme del padre e dei suoi fratelli. Il suo percorso è brillante: la prima donna in Afghanistan a diplomarsi e la prima a diventare investigatrice.
Vive e lavora a Kandahar, si sposa, ha sei figli e continua a lavorare in polizia, dando un importante contributo nella risoluzione dei gravi problemi interni di un Paese che sta cambiando, che è teatro di pesanti scontri, che vive un intenso conflitto sociale e culturale.
Kakar ogni giorno esce di casa indossando il burqa per raggiungere la stazione di polizia, per poi cambiarsi ed entrare in servizio in uniforme.
Diventa ben presto una persona scomoda, perché non passa inosservata la ventata di cambiamento che porta con sé e ad attirare l’attenzione della stampa locale e internazionale. Così, comincia a ricevere minacce di morte dai talebani.
Le donne poliziotto non vengono accettate dal vecchio regime e Kakar paga in prima persona il contributo a questo scontro di culture: il 28 settembre del 2008 fuori dalla porta di casa l’aspetta un commando armato. Malalai viene uccisa da una raffica di colpi d’arma da fuoco mentre sale sulla sua auto.
Malalai Kakar, 41 anni. Uccisa in un agguato a causa del suo lavoro. Femminicidio.
6 – chi sarà la prossima?
Questo spazio non era previsto. Non dovrebbe essere previsto. Non vorremmo mai doverlo e poterlo riempire. Ma sta di fatto che, mentre sto scrivendo e mentre noi commemoriamo le vittime del passato, stanno già soffrendo quelle del presente, stanno per morire quelle del futuro, perché la macchina del femminicidio e della violenza contro le donne non si ferma mai.
Vogliamo lasciare in bianco le prossime righe. Vogliamo non avere altre storie da scrivere. Sapete? Scegliere queste cinque è stato difficile. Ce n’erano tante, troppe, tutte ugualmente degne di una menzione, di un ricordo, di un attimo della nostra attenzione.
Ma la storia del femminicidio, quella a cui nessuno dovrebbe più contribuire, non si ferma a oggi. Speriamo in un 25 novembre diverso, anno dopo anno.
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