“In ogni donna c’è una prostituta”

a cura di Daniela Alibrandi

prostituta

In ogni donna c’è una prostituta.

Questo ha affermato un noto psichiatra, intervistato relativamente alle accuse e alle denunce di molestie sessuali di cui tanto si sta parlando in questi giorni.
Non mi ha infastidito tanto la sua definizione dell’animo femminile
quanto invece il fatto che abbia saltato a piedi pari tutto ciò che costituisce il complesso percorso attraverso il quale si forma l’intimo di una donna.

Ha dimenticato in un baleno la voce candida di una bambina che canta cullando la sua bambola,

l’espressione incerta e guardinga della adolescente che arrossisce facilmente, preda dell’innato pudore che la costringe a vergognarsi, custode attenta di un sesso che non deve aprirsi o sarà scoperto.

E ha ignorato lo stupore delle sue prime mestruazioni o la violenza della prima sconcertante visita ginecologica.

Mi ha disturbato infine il modo con cui sono stati ignorati completamente
i passi che conducono una donna a capire la forza della propria seduzione e, in alcuni frangenti, a servirsene.

Premetto doverosamente che in questo campo, come del resto in tutti gli ambiti nei quali si dialoga, non si può e non si deve generalizzare,

poichè abbiamo esempi di donne e di uomini che si comportano in modo diametralmente opposto a quello che descriverò di seguito.

Nella fattispecie analizzerò il ristretto universo in questione, evitando di addentrarmi nel doloroso e abominevole ambito della prostituzione, e non solo femminile, intesa come vendita del corpo dietro pagamento di un corrispettivo in denaro.

Non ci metterà molto quella adolescente a capire come potrà sedurre,
acquisirà strada facendo tutte le peculiarità che faranno del suo sguardo una calda carezza, del suo sorriso un morbido rifugio e del suo ventre il dolce abisso dove ogni uomo desidererà perdersi, a tutti i costi.

Capirà come ancheggiare, in che modo avvolgere e gestire con il proprio profumo e uno sguardo languido il desiderio di un uomo.

E potrà farlo per realizzare ogni sua ambizione, che sia accendere l’interesse nella persona desiderata, così come ottenere un gioiello che le piace, una pelliccia e quant’altro.

Ma chi e cosa ha trasformato quella ragazzina nella ammaliatrice della quale stiamo parlando?

Non saranno forse gli sguardi famelici, il sentire spesso di essere valutata solo per il proprio corpo, non saranno le violenze verbali e comportamentali che riceve durante la sua crescita?
Non sarà il timore di non riuscire a farsi strada se non simulando e calibrando un atteggiamento simile?
Se a una persona si permette solo, per ipotesi, di fare il pane, non ci si può poi stupire che divenga un fornaio di maestria indiscussa.
E alla donna per secoli è stato concesso di far parte della società quasi esclusivamente in funzione del proprio corpo.

Non ci dobbiamo mai dimenticare che perfino nel nostro Paese il voto politico alle donne è stato concesso solo nel dopoguerra (Le donne del ’46).

La donna come matrice, più che madre, come prostituta, più che amante.

La donna ripudiata dal marito se sterile, con l’oggettiva impossibilità a dimostrare, in un matrimonio monoandrico,

che l’infertilità a volte è da addebitarsi all’uomo, concetto che solo nel tempo ha preso corpo, seppure noto sin dall’antichità e presente nella mitologia.

(Il re Egeo di Atene).

La storia e il costume ci insegnano che l’uomo ha avuto la pretesa e l’illusione di definire il ruolo della donna, non accorgendosi di esserne lui a volte la preda e la marionetta.

Cleopatra, Nefertiti, le donne della storia, seducenti, erano loro a manovrare i grandi condottieri e lo facevano utilizzando il proprio fascino.

Si sono prostituite o hanno ottenuto ciò che volevano parlando l’unica lingua che i loro uomini, condottieri ed eroi, riuscivano a comprendere?

Insomma non ci sarebbe “prostituzione”, anche se intesa in senso lato, se non ci fosse “istigazione”.

La propensione di alcuni uomini a credere di poter possedere la totalità della donna, solo appropriandosi del suo corpo,

li rende ignari dell’emisfero femminile che è in grado di sovrastare un’ottica ristretta e materiale.

Senza voler diminuire lo spregevole comportamento di chi richiede favori sessuali in cambio della concessione di un vantaggio, c’è quindi qualcosa che sbigottisce nel fatto che esistano situazioni del genere?

Non mi sento di accomunare questi accadimenti ai fatti di violenze pure, fisiche e malvagie che vengono perpetrate giornalmente ai danni di donne e ragazze.

Quando a una donna viene richiesta una prestazione sessuale in cambio di un favore è libera anche di dire di no,

e di dimostrare a se stessa e agli altri di poter ottenere ciò che desidera solo grazie al proprio valore e al suo onesto ed encomiabile desiderio di libertà e di riscatto.

E di non essere una prostituta.