Ludwig van Beethoven: il talento e la forza
a cura di Gianna Ferro
“La Musica costituisce una rivelazione più alta di qualsiasi filosofia…dove le parole non arrivano la Musica parla.”
Ludwig van Beethoven
Il grande compositore tedesco Ludwing van Beethoven nacque a Bonn il 16 dicembre del 1770, da una famiglia di origine fiamminga; suo padre Johann era cantore alla corte dell’arcivescovo di Colonia. Ludwig iniziò molto presto lo studio della musica, avviato dal padre, che a otto anni lo presenta in pubblico.
Nel 1783, quello che sarebbe diventato il suo maestro Christian Gottlob Neefe disse di lui:
“Suona il pianoforte con molta abilità e potenza, legge molto bene a prima vista e, suona soprattutto il Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach […] questo giovane genio ha bisogno di essere aiutato a continuare gli studi.”
Neefe fu il miglior maestro del giovane Beethoven, che tuttavia aveva già ricevuto un’educazione musicale piuttosto vasta con l’organista Van der Aeden, col violinista Rovantini e, per la composizione col frate francescano Willibald Koch.
Ebbe anche una formazione culturale discreta grazie al fatto che il sovrano di Bonn, l’arciduca Maximilian Franz, dette un certo impulso all’ambiente della città, favorendo tra l’altro la fondazione di una Università, presso la quale Beethoven frequentò qualche corso senza peraltro concludere gli studi.
Tra la primavera e l’estate del 1787 il giovane si recò a Vienna.
Per effettuare questo viaggio ebbe il permesso del sovrano, secondo l’uso dell’epoca, grazie all’intervento di un aristocratico, il conte Waldstein, che apprezzava particolarmente il talento del musicista.
Si dice che a Vienna Beethoven incontrò Mozart, ma non esistono conferme dell’incontro fra il diciassettenne Ludwig e il trentunenne Wolfgang Amadeus.
Il soggiorno viennese fu brevissimo, poiché Beethoven dovette ritornare a Bonn quasi subito per l’aggravarsi delle condizioni di salute della madre, che morì nel luglio di quell’anno.
Iniziò per lui un periodo di tristi condizioni familiari: dovette provvedere al mantenimento del padre alcolizzato, impegnandosi come violinista nell’Orchestra di corte.
In questo periodo nacquero le sue prime composizioni, come le due Cantate d’occasione composte nel 1790, rispettivamente per la morte dell’Imperatore Giuseppe II e per l’ascesa al trono del successore Leopoldo II, oltre a numerosi lavori cameristici.
A Bonn intreccciò proficui contatti con mecenati ed artisti che mantennnero viva in lui la passione per la sua arte.
Nel 1792 incontrò Franz Joseph Haydn, reduce dal trionfale successo di Londra, al quale alcuni amici di Beethoiven vollero mostrare la Cantata in morte dell’Imperatore Giuseppe II.
Haydn ne fu colpito e consigliò al giovane musicista di trasferirsi a Vienna e nello stesso anno vi si trasferì. Non ritornerà più nella città natale.
Nella capitale austriaca Beethoven studiò con Haydn, con Schenk, con Albrechtsberger e con Salieri, col quale approfondì la vocalità italiana.
Inizialmente godette della pensione assicuratagli dal suo sovrano, ma in seguito all’invasione delle truppe rivoluzionarie francesi a Bonn, nel 1794, Maximilian Franz fu costretto ad abbandonare la città e la pensione gli fu forzatamente sospesa .
Beethoven si affidò, allora, alle sue doti di improvvisatore a pianoforte e ai proventi dell’attività di compositore.
Nel 1795 tenne il suo primo concerto pubblico, imponendosi immediatamente per le qualità delle sue interpretazioni, in cui eseguì proprie composizioni.; fra il 1796 e il 1798 fece una lunga tournèe concertistica a Berlino, Dresda, Pressburg , Praga e Budapest.
All’inizio del nuovo secolo Beethoven era considerato il degno successore di Mozart, morto nel 1791, e di Haydn, che stava avviandosai ad una gloriosa vecchiaia.
Intanto, grazie alla protezione del conte di Waldstein, che lo aveva conosciuto a Bonn, entrò in contatto con i più noti nomi dell’aristocrazia viennese.
Entro il 1800 aveva composto e in parte pubblicato i Trii op.1 per pianoforte, violino e violoncello, le prime sedici Sonate per pianoforte, le prime tre Sonate op. 12 per violino e pianoforte, la prima raccolta di sei Quartetti op. 18 per rchi, il Quintetto op. 16 per pianoforte e strumenti a fiato e i primi due Concerti per pianoforte e orchestra, oltre a numerosi lavori di grande eleganza, come il Settimino op. 20 e il ciclo di Lieder intitolato Adelaide op. 46.
Beethoven cominciò ad avvertire i primi sintomi della sordità. La malattia venne confidata a due amici strettissimi, Amenda e Wegeler, ai quali indirizzò due lettere commoventi nel giugno del 1801.
Beethoven era all’apice della sua fortuna mondana a Vienna e così scrive :
“Dall’anno scorso Lichnowsky, per quanto ti possa sembrare incredibile, è sempre stato ed è rimasto il mio più caro amico e mi ha assegnato una somma di seicento fiorini, di cui potrò disporre fino a quando non avrò trovato una sistemazione conveniente.
Le mie composizioni mi rendono molto, e posso dire di avere più ordinazioni di quanto io possa comporre. Per ogni composizione ho perfino sei o sette editori a mia disposizione, e anche più se volessi darmi da fare; con me non si contratta più, io pretendo e loro pagano […]
Da tre anni il mio udito diventa sempre più debole…le mie orecchie continuano a ronzare e a fischiare giorno e notte…Cosa avverrà di me lo sa il Cielo!”
La sordità precoce gli generò una tremenda crisi.
Lo stato d’animo disperato e nello stesso tempo eroico di Ludwig trovò lo sfogo nel cosìddetto “testamento di Heiligenstadt”, un sobborgo di Vienna, indirizzata ai suoi due fratelli Johann e Karl con la data del 10 ottobre 1802.
È un testo fondamentale per comprendere la profonda trasformazione che intervenne nell’esperienza artistica beethoveniana:
“O voi, uomini che mi reputate o definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto! Voi non conoscete la causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi così. […]
Considerate, però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. Di anno in anno le mie speranze di guarire sono state gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato costretto ad accettare la prospettiva di una malattia cronica.[…]Pur essendo di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi […] sono sordo. Come potevo, ahimè, confessare la debolezza di un senso, che in me dovrebbe essere più raffinato che negli altri uomini. […]
Tali esperienza mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita. La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto […] Ma quale umiliazione ho provato quando qualcuno, vicino a me, udiva il suono di un flauto in lontananza ed io non udivo niente, o udiva il canto i un pastore ed io nulla udivo […]
Pazienza. Mi dicono che questa è la virtù che adesso devo scegliermi come guida [… ] O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, ricordate che mi avete fato torto; e l’infelice tragga conforto dal pensiero di aver trovato un altro infelice che, nonostante tutti questi ostacoli imposti dalla natura, ha fatto quanto era in suo potere per elevarsi al rango degli artisti nobili e degli uomini degni. [… ]
Vado con gioia incontro alla Morte – se essa venisse prima che io abbia avuto la possibilità di sviluppare tutte le mie qualità artistiche. […]”
Le composizioni nate nel periodo in cui egli si rese conto che la sordità era ormai un male irrevocabile segnano un grande mutamento nel linguaggio beethoveniano.
Vi affiorano grandi conflitti coronati da un sovrumano ottimismo, come nelle Sonate pianistiche, le due raccolte nell’Op. 27 e sottotitolate “Quasi una fantasia”, l’Op.28 “Pastorale” e le tre dell’Op. 31, nelle Sonate Op. 23, Op. 24 e Op. 30 per violino e pianoforte, nel terzo Concerto Op. 37 per pianoforte e orchestra.
Nonostante la spigolosità del suo carattere e un certo atteggiamento di superiorità, che derivava dall’incondizionato riconoscimento del suo genio, Beethoven mantenne rapporti sostanzialmente buoni con l’aristocrazia e le corti viennesi.
“Forse sarà consolazione per i disgraziati sapere che uno come loro, nonostante tutti gli ostacoli di natura, ha fatto tutto ciò che era in suo potere per essere accettato tra gli artisti e gli uomini di valore.” L. van Beethoven
Nel 1804 per testimoniare la sua condanna nei confronti dell’elezione di Napoleone ad imperatore, cancellò la dedica al Bonaparte, scritta in precedenza sul frontespizio della Sinfonian 3:
“Questo atto, se da un lato testimonia la personale delusione del compositore di fronte al tradimento degli ideali repubblicani da parte di Napoleone, inizialmente visto come il salvatore della repubblica francese, dall’altro invece rivela la sua volontà di allinearsi all’ambiente moderato e nazionalista legato al potere asburgico.”
Con l’avanzare degli anni e dell’infermità il carattere di Beethoven peggiorò; i suoi modi divennero ancora più intolleranti .Dopo la morte del fratello Karl, assume la tutela del nipote: gliene derivano preoccupazioni e noie giudiziarie.
I principi didattici beethoveniani risultarono disastrosi: rimproverato, represso, Karl, il nipote, tentò il suicidio. Beethoven ammise di aver fallito il suo compito di educatore.
Nella vita di Beethoven il periodo della maturità, che si colloca fra il 1803 e il 1815, fu segnato da importanti eventi privati e dalla composizione di grandi capolavori.
L’amore per Josephine von Brunswick, la posizione di predominio nell’ambiente musicale viennese, l’incontro con Goethe furono molto significativi.
Nello stesso arco di tempo nacquero le grandi Sinfonie, le monumentali Sonate pianistiche.
Nelle opere di questo periodo, Beethoven, si esprimeva mediante immagini musicali molto precise: l’eroe protagonista della Sinfonia n. 3 Eroica, il “destino che bussa alla porta” nella Sinfonia n. 5, la natura nella Sinfonia n. 6 Pastorale. Nella Sinfonia n. 7 e nella Sonata op. 47 Appassionata, per pianoforte, si manifestano conflitti impetuosi e atteggiamenti meditativi.
Inoltre, compose i vasti e complessi Quartetti per archi, che avrebbero influito decisamente nella storia della musica europea, e anche l’unico lavoro teatrale Fidelio, che avrebbe imposto a Beethoven una lunga fatica prima di arrivare alla definitiva versione della partitura.
Una tendenza trascendentale e mistica affiorò nei Concerti n. 4 e n. 5 “Imperatore”, per pianoforte e Orchestra, nella Sinfonia n. 9, nella Missa Solemnis, e soprattutto nei Quartetti Op. 127, Op. 132 e Op. 130.
Con queste ultime opere Ludwig van Beethoven affidò il suo estremo messaggio artistico.
Morì a Vienna il 26 marzo del 1827.
Franz Grillparzer, poeta, scrisse:
“Chi verrà dopo di lui non continuerà, dovrà ricominciare,perchè questo precursore ha terminato l’opera sua dove sono collocati i limiti dell’arte.”
Nella storia della musica Ludwig van Beethoven è una figura d’uomo e di artista assolutamente nuova. Nella vita cercò sempre, e disperatamente, la libertà e l’indipendenza.
Formatosi proprio negli anni della rivoluzione francese, fu il primo a spezzare ogni rapporto di subordinazione con l’aristocrazia, e per primo visse del proprio lavoro.
Questo atteggiamento di assoluto svincolamento da un mondo che già all’inizio dell’800 incominciava a decadere, si riflette nella sua vita e nei suoi rapporti con gli altri.
Fu il suo sconfinato bisogno di libertà che lo spinse ad isolarsi sempre di più dal mondo, per affidare alla propria opera il suo messaggio all’umanità.
“Suonare una nota sbagliata è insignificante. Suonare senza passione è imperdonabile“. L. van Beethoven
Il nome di Beethoven è legato indissolubilmente a quello della forma-sonata.
È in questa forma, a lui tramandata dalla scuola di Mannheim e da altri musicisti del ‘700, che lui trovò lo stimolo espressivo e costruttivo a lui più congeniale.
Egli conIò con grandiosa capacità i due temi principali della sonata, e nell’arte dello “sviluppo” raggiunge vette inaccessibili.
Nei suoi sviluppi si scatenarono conflitti dominatida un equilibrio superiore, nei suoi temi si distende un lirismo che precorre quello del romanticismo successivo.
La Sonata in Beethoven diventa una sorta di autobiografia spirituale.
32 Sonate per pianoforte – pianista Daniel Barenboim
Le 9 Sinfonie stanno ad indicare come il lavoro di un artigiano è finito e ognuna di esse rappresenta un vasto universo di sensazioni e di emozioni.
Sinfonia n. 3 Eroica
Beethoven aveva 35 anni quando, con l’esecuzione da lui diretta nel 1805 della Terza Sinfonia, si impose al mondo come l’uomo nuovo della musica. Questa Sinfonia era inizialmente dedicata a Napoleone , simbolo dei principi espressi dalla rivoluzione francese; ma quando Napoleone diventò imperatore, Beethoven si sentì tradito per aver infranto lo spirito della rivoluzione.
È una creazione sinfonica che svetta nella sua produzione e in tutta la musica strumentale del passato e del presente come un’esaltazione entusiastica di quanto c’è di buono e di rinnovatore nell’umanità.
Sinfonia n. 5
Quattro anni impiegò Beethoven a dare la veste definitiva a questa Sinfonia attraverso rifacimenti e ritorni. ”Ecco il destino che bussa alla porta”: una tradizione degna di fede vuole che Beethoven si sia così espresso riferendosi all’attacco della Sinfonia formato di quattro note lapidarie e scultoree.
Nell’Allegro con brio l’arte di Beethoven raggiunge altezze vertiginose nel trarre da un elemento di poche note una serie di meravigliose variazioni e di contrasti.
L’Andante si mantiene in un’atmosfera pacata, dove due temi cantabili si alternano in una pagina di eleganza mozartiana.
Lo Scherzo presenta un fosco tema ascendente dei basi, ben presto seguito dal ritorno del tema del “Destino” che dà luogo a un episodio digrande drammaticità.
Nel Finale ogni dubbio è fugato, sfolgora la vittoria certa della ragione e dell’intelletto.
Sinfonia n. 6 Pastorale
Mentre la Quinta Sinfonia è scossa da fremiti di lotta, la Sesta è un inno alla pace, un quadro
limpido e ben disegnato della vita campestre, dove sembra ancora penetrare in certi momenti una convenzionalità di sapore arcadico. E se parliamo di immagini della vita campestre, lo facciamo in perfetta armonia con gli intenti dell’autore, che ha fatto di questa Sinfonia in un certo senso il capostipite dei pezzi di musica “a programma”.
Lo stesso Beethoven disse che si tratta “più di sentimenti che di pittura dei suoni” mentre lascia all’ascoltatore “di stabilire a suo piacere le singole situazioni” suggerite dalla musica.
L’ Allegro ma non troppo si ispira al ”risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna; nell’ Andante molto mosso c’è “la scena al ruscello”; nello Scherzo incontriamo la “lieta brigata dei campagnoli” e il “temporale”; la Sinfonia termina col “Canto pastorale: sentimenti di gioia e di riconoscenza dopo il temporale”.
Concerto n. 5 Op. 73 “Imperatore” per pianoforte e orchestra
È il più imponente e monumentale dei concerti beethoveniani.
Attacca come una libera fantasia, con il pianoforte che si profonde in cascate di arpeggi, scale e trilli, finchè l’orchestra espone il primo tema. Gli contrasta una seconda idea quasi come una marcia misteriosa in pianissimo che solo più avanti viene ripresa in tutta la sua eroica possanza dai corni; infine ritorna il pianoforte, conservando il suo carattere di grandioso virtuosismo.
Momenti lirici si alternano a momenti drammatici, fino a contrapporsi in un dialogo che si conclude con il “tutti” trionfante.
Inno alla gioia dalla XI Sinfonia
L’Inno alla gioia è il più elevato messaggio che Beethoven ci abbia lasciato, atto di fede nelle buone qualità dell’umanità intera.
Il testo è del poeta Friedrich von Schiller e rappresenta un invito alla fratellanza universale.
L’Inno appare una marcia gioiosa, luminosa e festosa nella sincera speranza che possa accompagnare l’Uomo nel corso della vita.
“O amici, non questi suoni!
ma intoniamone altri
più piacevoli e più gioiosi.
Gioia! Gioia!
Gioia, bella scintilla divina,
figlia dell’Elisio,
noi ci accostiamo ebbri d’ardore,
o Divina, al tuo sacrario.
I tuoi incanti tornano a unire
ciò che gli usi rigidamente divisero;
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove posa la tua ala soave.
L’uomo che ha ottenuto dalla sorte
di essere amico a un amico,
chi conquistò una donna leggiadra,
esulti con noi!
Sì, chi anche una sola anima
possa dir sua sul globo terrestre!
Chi invece non lo poté mai, lasci
furtivo e piangente questa confraternita!
Tutti gli esseri bevono gioia
ai seni della natura;
tutti i buoni, tutti i malvagi
vanno per il suo sentiero di rose.
Ci diede l’amore e il vino,
ci diede un amico di provata fedeltà;
La voluttà fu concessa al verme,
e il cherubino sta davanti a Dio.
Lieti, come i suoi astri volano
attraverso lo splendore della volta celeste,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio al mondo intero!
Fratelli, sopra la volta stellatadeve certo abitare un padre amorevole.
Cadete in ginocchio, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra la volta stellata!
Sopra le stelle deve abitare.”“Un musicista sordo! Possiamo noi immaginare un pittore cieco?
Ma noi conosciamo però il veggente divenuto cieco. Il musicista sordo somiglia ora a Tiresia che, cieco sul mondo fenomenico, contempla con l’occhio dell’anima il centro da cui muovono tutti i fenomeni.
Non disturbato dai frastuoni della vita Beethoven rimane solo, intento alle sue armonie interiori. Allora l’essenza delle cose parla di nuovo a lui nella serena luce della bellezza.
Allora egli comprende la foresta, il prato, l’azzurro cielo, la folla lieta, la coppia amorosa, il correre delle nuvole, lo strepito della bufera, la beatitudine di una pace interiore. E allora penetra per tutte le sue opere quella meravigliosa serenità che è una caratteristica della sua musica.” – Richard Wagner