LE SIGNORE DELL’ARTE ITALIANA TRA IL XVI E IL XVII SECOLO
a cura di Paola Treu
Nella storia, le signore dell’arte hanno avuto un ruolo sempre marginale.
Quando si consultano i manuali, in effetti, si trova una lista infinita di artisti, mentre le monografie delle pittrici è molto povera. Nonostante siano poco presenti nei libri d’arte, nei musei e nel nostro immaginario, le donne partecipano alla creazione artistica da sempre.
Sfidando i divieti e i pregiudizi della loro epoca, alcune di loro hanno conosciuto la gloria, ma la storia ufficiale le ha presto dimenticate. Solo in tempi recenti hanno cominciato a ricevere l’attenzione e il giusto valore che la loro arte avrebbero meritato fin dall’inizio.
Occorre distinguere la figura della pittrice professionista, che si guadagna da vivere con la propria arte, da quella della nobile dilettante, sicuramente assai più diffusa: per quest’ultima, appartenente alla classe sociale più elevata e a cui viene concessa una certa istruzione (sebbene sempre inferiore rispetto a quella degli uomini dello stesso ceto), dipingere soprattutto piccoli ritratti in miniatura, ma anche nature morte, era prassi educativa e necessaria, come sapere suonare e ricamare, per poter “stare in società” e magari guadagnare qualche ricco matrimonio.
Dunque, la figura della donna come artista veniva associata per lo più alle arti decorative e applicate che non alla pittura, e tantomeno alla scultura. Questo tipo di pittrice dilettante non sarà oggetto di questo articolo.
La storia dell’arte ha visto protagonisti gli uomini per effetto di una grave, costante e secolare discriminazione. Alle signore non era permesso diventare artiste di professione.
Dovevano dedicarsi alla casa e alla famiglia, e non era loro permesso lavorare fuori casa, e quando ciò accadeva erano comunque in posizione subalterna all’uomo. Ma, gli artisti erano liberi professionisti, che si procacciavano le committenze, contrattavano i compensi e viaggiavano; e questo era considerato un lavoro da uomini.
Inoltre, la preparazione dell’artista richiedeva lo studio dell’anatomia umana, copiata dal vero su modelli che di norma posavano nudi. E una donna che disegnava uomini nudi faceva scandalo.
Non che la legge vietasse alle donne di diventare “pittoresse”, per dirla alla Vasari, o signore dell’arte, ma quando decidevano di farlo queste si assumevano tutte le responsabilità, rischiando di andare contro tutto e tutti.
Le prime pittrici di cui si abbia notizia furono figlie d’arte e iniziarono imparando il mestiere presso le botteghe dei loro padri.
Sebbene le donne impegnate nell’arte fossero ancora presenze tutto sommato isolate, è dal Rinascimento che la loro vicenda individuale divenne un tassello importante e paradigmatico del clima culturale che si respirava.
Le prime figure femminili cominciarono a emergere ed essere conosciute dai contemporanei. Sono quelle donne artiste veramente grandi, quelle insomma che possono essere considerate a tutti gli effetti professioniste dell’arte, che si sottraggono all’invisibilità, naturalmente non senza fatica. Le
cosiddette “donne d’arte” non ebbero vita facile: fortissimi erano infatti le disparità e i tabù socialmente radicati nei loro confronti.
Furono italiane le prime pittrici che, a partire dal Cinquecento, segnarono la loro epoca e aprirono la strada a una successiva generazione di artiste donne.
Ci riuscirono partecipando al dibattito artistico e influenzando le correnti di cui fecero parte, lasciando il segno.
La più famosa e la meglio conosciuta di signore dell’arte è sicuramente Artemisia Gentileschi, della quale ho già avuto modo di parlare in un precedente articolo.
È nota la sua vicenda biografica e artistica, prima donna a essere ammessa all’Accademia di Arte del disegno a Firenze. Ma, il fatto che lei sia stata la prima non significa che anche altre artiste non abbiano ricevuto importanti riconoscimenti. Infatti, gli studi degli ultimi vent’anni circa, dimostrano che Artemisia non è stata l’unica, anche se persona dal carattere eccezionale e pittrice di talento.
Certamente, come è facile immaginare, sono comunque poche le donne che riuscirono a imporsi nel campo della grande pittura di tradizione italiana, a cavallo tra XVI e XVII secolo: oltre Artemisia, ricordiamo Sofonisba Anguissola, celeberrima ritrattista presso la Corte di Spagna; Lavinia Fontana, le cui abilità le valsero la committenza pontificia; Fede Galizia, nota per le sue spettacolari nature morte; Giovanna Garzoni, “insigne miniatrice” e le cui opere vennero collezionate dai Medici; Elisabetta Sirani, che cambiò il ruolo della donna nella storia dell’arte. (Ad alcune di loro dedicherò, prossimamente, degli articoli monografici).
È, dunque, doveroso rendere omaggio a queste donne rimaste per troppo tempo nell’oblio.
La loro fu una lotta, un gioco di potere in cui intervennero molteplici fattori.
Ci sono volute signore dell’arte: donne geniali, coraggiose e incredibilmente dotate in un ambito in cui non era previsto niente per loro.