Tina Modotti, tra desiderio di bellezza e di giustizia

Voce all’Arte

a cura di Paola Treu

Tina Modotti: attrice, fotografa, rivoluzionaria, antifascista, attivista comunista.

Donna unica e poliedrica, è una delle più straordinarie fotografe del XX secolo, nonché importante e controversa figura rivoluzionaria. I suoi scatti sono conservati nei più importanti musei del mondo.

Sul suo stile dichiarò:

“Io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.”

L’infanzia a Udine e l’emigrazione in America

La vita di Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, conosciuta più semplicemente come Tina Modotti, è avventurosa, caratterizzata da un continuo viaggiare e da drastici cambiamenti, tutti dovuti al suo percorso artistico e politico.

Nata a Udine il 17 agosto del 1896, da un padre carpentiere e da una mamma sarta casalinga. Quando ha solo due anni la famiglia si trasferisce in Austria, per trovare migliori opportunità di lavoro. Nel 1905, quando Tina ha sei anni, ritorna, con i genitori e i fratelli nel frattempo nati, a Udine e frequenta le scuole elementari. Ma, versano in gravi condizioni economiche e lei è costretta ad andare a lavorare in fabbrica.

In questo periodo, entra in contatto per la prima volta con quella che sarà la sua grande passione: la fotografia.

Lo zio Pietro possiede uno studio fotografico professionale ed è proprio da lui che impara le prime nozioni e inizia a cimentarsi nella professione. Un apprendistato che però dura poco, perché nel 1913, a soli 17 anni, prende la decisione di raggiungere il padre in America, emigrato a San Francisco l’anno prima.

Qui trova lavoro come sarta in un grande magazzino. Si fa anche subito strada nella comunità italiana e inizia a recitare nel teatro di Little Italy.

Si schiudono per lei i circoli culturali e bohemien della città. Ed è proprio in uno di questi circoli che conosce il pittore Roubaix de l’Abrie Richey, in arte Robo. Si sposano nel 1918 e si trasferiscono a Los Angeles, dove Tina tenta la carriera nel nascente cinema.

Recita in alcuni film, ma il ruolo di femme fatale finisce per starle stretto, la critica non fa altro che sottolineare la sua carica sensuale, tralasciando le sue doti di attrice. Così Tina Modotti decide di porre fine alla sua breve carriera hollywoodiana per dedicarsi ad altro.

Nel giro degli artisti che frequenta regolarmente la sua abitazione conosce Edward Weston, considerato uno dei più grandi maestri della fotografia americana.

Nel 1921 ne diventa la musa, l’amante e infine l’assistente personale. Infatti, Tina preferisce restare dietro l’obiettivo e da lui apprenderà i segreti dell’arte fotografica, che le faranno raggiungere la fama mondiale.

Nel 1923 partono insieme per Città del Messico. Il fermento culturale sostenuto dal governo messicano, nato dalla rivoluzione, attira nel Paese molti artisti e intellettuali in cerca di libertà espressiva. Ed è quella che cercano entrambi.

“Tina è il rosso del vino, così prezioso da lasciarlo posare con delicatezza perché diventi ancora più prezioso.”

Queste le parole che Robo le dedica quando si separano.

La vita in Messico

Il Messico è sicuramente il luogo che più di ogni altro segna profondamente la vita di Tina. Qui si dedica completamente alla fotografia, l’”arte del futuro”, che avrebbe conquistato il nuovo secolo. Condivide con Weston la convinzione che la fotografia deve

registrare la vita” e “rendere la vera sostanza e quintessenza della cosa stessa, sia essa ferro lucente o carne palpitante.”

Da Weston impara l’arte dell’inquadratura perfetta, la precisione dell’obiettivo e lo sviluppo creativo dei negativi, ma osserva ciò che la circonda con una sensibilità molto lontana dalla fredda registrazione del compagno, maturando un suo proprio stile.

Tina è alla ricerca di una verità non convenzionale, legata ai “momenti della vita” e capisce che la fotografia è l’unico mezzo con il quale può trovarla. È attratta dalle persone e dalle loro emozioni.

Lo comprende ben presto la famosa reporter americana Anita Brenner:

“Tina è fondamentalmente un’artista… Sta imparando da Weston, ma il suo lavoro è molto più dolce, molto più emozionante. Lui lavora sulla nettezza dei contorni, con un sentimento architettonico della materia. Tina è in sintonia con gli esseri umani e ha una sensibilità per l’alone romantico delle cose che le proviene dalla sua origine italiana.”

Possiede una vecchia macchina fotografica Korona, con la quale concentra la sua attenzione sul lavoro.

Le mani diventano, in quest’epoca, protagoniste delle sue istantanee: la bellezza che ritrae è quella delle mani degli ultimi impegnate in gesti di fatica, quasi come forme nuove di preghiera. Ma, Tina non vuole nobilitare quei gesti, in un tentativo quasi di “sacralizzazione”, vuole semplicemente rendere visibile l’invisibile, vuole restituire giustizia alla realtà dura e cruda dei derelitti.

Nel 1925 acquista una Graflex di seconda mano, con la quale, nei successivi quattro anni, dà vita alla stagione d’oro della sua carriera, realizzando quelle straordinarie immagini entrate della storia della fotografia.

Il duro lavoro, la miseria e l’umiltà dei campesinos sono i soggetti delle sue opere, che hanno l’intento di restituire loro la voce. E poi sono le donne indios e soprattutto i bambini a entrare nelle sue fotografie. Bambini colti a girovagare in mezzo alla spazzatura delle periferie o schiacciati troppo presto dal peso del lavoro.

Gli scatti di Tina Modotti, dunque, diventano lo strumento di indagine e di denuncia sociale, catturano la sofferenza e le diseguaglianze.

Tina Modotti

Nel 1926 dichiara:

 “Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore.”

Tina non ama infatti essere definita un’artista, ma solamente una fotografa con la volontà di descrivere le scene di vita quotidiana.

Ogni volta che si usano le parole <<arte>> o <<artista>> in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, nient’altro.”

Nel 1926 ricevono, lei e Weston, da Anita Brenner l’incarico di viaggiare nel sud del Messico per realizzare una serie di fotografie per il suo libro “Gli idoli dietro gli altari”. Producono un reportage di oltre cento foto.

In questo stesso anno la relazione tra i due si interrompe definitivamente, quando il grande fotografo torna negli Stati Uniti.

In Messico, già nel 1922, Tina Modotti ha occasione di conoscere Diego Rivera, famoso pittore a capo del “Movimento dei Muralisti”. È anche un importante esponente del partito comunista messicano, tanto da fregiarsi del soprannome di “Lenin del Messico”.

Attraverso Rivera, naturalmente incontra e diventa intima amica di Frida Kahlo.

L’amicizia con la coppia le permette di diventare la fotografa ufficiale dei Muralisti e la spinge all’impegno politico.

Con il suo obiettivo inquadra operai e contadini al lavoro, le riunioni sindacali e le manifestazioni politiche. Attenta a non limitarsi al puro documento, ne coglie la potenza emotiva degli sguardi.

Scrive Diego Rivera:

La sua opera artistica è fiorita in Messico, raggiungendo una rara armonia con le nostre passioni.”

Ora al centro delle fotografie di Tina Modotti c’è l’esaltazione della rivoluzione e della lotta organizzata.

tina modotti

Così, al lavoro artistico, Tina affianca l’attivismo politico.

Scrive regolarmente per “El Machete”, il giornale ufficiale del partito comunista messicano; collabora con diverse organizzazioni: il “Soccorso Rosso Internazionale”, il “Comitato Antifascista degli esiliati italiani in Messico”, la “Lega Antimperialista delle Americhe”. Partecipa alle proteste popolari in favore degli anarchici italiani Sacco e Vanzetti.

Su “El Machete” denuncia le violenze del fascismo italiano – “l’Italia è un grande carcere e un vasto cimitero”, attirandosi così la qualifica di “persona non grata” da parte dell’OVRA.

In una di queste manifestazioni conosce il triestino Vittorio Vidali, che ha il compito di riorganizzare la sezione messicana del “Soccorso Internazionale”. Tra i due nasce subito un’amicizia e Vidali la convince a prendere, nel 1927, la tessera del partito comunista. Tina diventa una militante a tempo pieno.

Nel 1929 la situazione politica in Messico precipita rapidamente; il partito comunista è messo fuori legge e Tina viene prima arrestata (per l’accusa infondata del suo coinvolgimento nell’attentato presidenziale) e poi espulsa dal Paese. Nel 1930 si imbarca su una nave diretta a Rotterdam.

L’esilio significa anche la fine della sua carriera artistica.

Europa e Messico, gli ultimi anni di Tina Modotti

Da Rotterdam Tina va a Berlino, ma quasi subito la lascia per andare nella più sicura Russia.

A Mosca entra nel “Soccorso Rosso” e forse anche nella polizia segreta sovietica, come spia, prendendo parte a molte operazioni, viaggiando per tutta l’Europa.

Nel 1936 la sua missione più importante: in quanto agente del “Soccorso Rosso” è inviata in Spagna, per portare aiuto ai Repubblicani impegnati nella guerra civile contro i miliziani di Francisco Franco. Ha il compito di raccogliere fondi, scrivere articoli e aiutare i civili nelle zone di guerra.

Nel 1939 ritorna in Messico, che nel frattempo ha riaperto le frontiere agli esiliati.

La sua vita si fa ogni giorno piu difficile e gli ultimi anni sono segnati da gravi problemi economici e di salute.

Tina Modotti muore il 5 gennaio 1942 a Città del Messico, in circostanze misteriose, legando ancor di più la sua vicenda al mito.

La versione ufficiale, forse la più probabile, è che sia morta per infarto in un taxi mentre ritornava a casa,  dopo una cena con amici. Per altri, tra cui Rivera, è stata assassinata dallo stesso Vidali, perché Tina poteva “sapere troppo” delle sue attività clandestine in Spagna.

Una storia affascinante e incredibile quella di Tina Modotti, testimoniata dalle sue eccezionali fotografie, la sua più grande eredità.

È sepolta nell’immenso Panteon de Dolores a Città del Messico e la sua tomba reca l’epitaffio che Pablo Neruda ha voluto dedicarle, del quale restano però solo poche parole leggibili:

Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:

forse il tuo cuore sente crescere la rosa

di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente, sorella.”